PEDALANDO CON LEONARDO DA VINCI LUNGO L’ADDA
Da Lecco a Cassano d’Adda, un itinerario alla scoperta di un fiume testimone dell’evoluzione tecnica degli ultimi secoli, e che è in grado di offrire in una giornata uno scorcio storico ricco di mille sorprese. Sarà il grande genio leonardesco a farci da guida in questo viaggio in bicicletta.
Quelli che dicono “Si viaggia in tutto il mondo per vedere chissà cosa, e poi a casa nostra abbiamo bellezze che nemmeno sappiamo di avere”. Una retorica degna del bar sport sotto casa. Quelle frasi tipo “non ci sono più le mezze stagioni” o “bella Venezia ma io non ci vivrei mai”. Il fatto è che, spesso, quella espressione corrisponde al vero: in Italia vi sono luoghi che sono un concentrato di natura, arte, cultura, industria, tecnologia, gastronomia. In tal senso la Lombardia è forse la regione italiana che più di ogni altra è in grado di miscelare questi ingredienti in una unica grande ricetta: il progetto InBici di inLombardia ha identificato 10 macro itinerari ciclabili che toccano tutte le provincie della regione, ognuna con la propria identità ma accomunate da un grande valore turistico. Una ragnatela storica tutta in pochissimi chilometri quadrati. Per esempio, la direttrice che unisce il ramo orientale del lago di Como fino alla Madonnina di Milano è qualcosa che meriterebbe un tomo dell’Enciclopedia Britannica, e il modo migliore per aprire lo scrigno di questo territorio è farlo in bicicletta. Modalità slow, la lentezza qui è un valore, adeguiamo la nostra mobilità alla velocità dell’acqua dell’Adda che scende verso la pianura. E come spesso succede, a fianco di un fiume, l’uomo ha costruito vie che accarezzano i fianchi del corso. Da Lecco, infatti, parte una ciclovia che costeggia costantemente l’Adda, generoso e abbondante, e come scopriremo, ci porterà dove non avremmo mai pensato. Prende così corpo il racconto di un viaggio che non vuole essere esaustivo nell’esposizione di quanto visto, ma raccontare come una normale giornata in bicicletta possa trasformarsi in un momento di grande arricchimento.
PRONTI VIA: LA TRADIZIONE SERICA
Nemmeno il tempo di scaldare la gamba con le prime pedalate, e già la sosta numero uno: il Civico Museo della Seta Abegg di Garlate. Una filanda settecentesca circondata da un giardino di gelsi, espone un percorso didattico bello e intelligente che spiega la produzione di seta dal baco fino al tessuto, e il tutto con ancora numerosi macchinari funzionanti: da non perdere l’enorme archibugio di legno per la torcitura della seta che a vederlo all’opera resti a bocca aperta. Ma ci colpisce più di tutto lo staff di giovani volontari che raccontano con maestria e parole trasudanti di passione la storia industriale del secolo scorso: una costante, quella del volontariato appassionato, che ritroveremo spesso nel corso della giornata.
Lasciamo le atmosfere seriche e riprendiamo la nostra bici lungo la ciclabile dell’Adda, un percorso che in questi primi chilometri tra il fiume e i centri abitati è asfaltato, ma che nei tratti successivi, accarezza l’acqua su una pista sterrata e ben tenuta.
IL TRAGHETTO LEONARDESCO.
Ben presto ci troviamo calati nel silenzio verdeblu tra il bosco (verde) e l’acqua (blu) e questa è un’altra straordinaria qualità della ciclabile dell’Adda: qui raramente si pedala a fianco di strade e provinciali come spesso succede in altre ciclovie. Pochi colpi di pedale e respiri un’aria diversa. Mentre viaggiamo incrociamo altri ciclisti, camminatori e podisti, pescatori e qualche canoa che si diverte a risalire la corrente.I colori tipici del foliage di questa stagione si aprono d’un tratto a Imbersago, dove la sosta è d’obbligo. Qui c’è il famoso traghetto il cui meccanismo sembra essere stata una intuizione leonardesca: un cavo d’acciaio unisce la sponda lecchese con Villa d’Adda nel bergamasco, e un barcone a doppio scafo e vincolato alla fune, consente di spostarsi da una riva all’altra sfruttando la corrente grazie al differente posizionamento del timone mobile. Zero energia elettrica. Essenza dell’impatto zero. Un progetto del genio di Leonardo, ma che ci faceva il Da Vinci sull’Adda? Quando fu ospite di Girolamo Melzi d’Eril a Vaprio d’Adda nel 1506, Leonardo lavorò e studiò molto, sia a possibili invenzioni che a opere d’arte, come vedremo più tardi. Gli studi del traghetto firmati dal genio sono datati 1513 e l’originale è incluso nel Codice Windsor, conservato nell’omonimo castello inglese. Toccata e fuga sulla sponda orobica, e si riparte.
QUEL GRAN GENIO DEL MIO AMICO.
Superiamo anche la diga della centrale Semenza e dopo 4 chilometri si arriva allo sbarramento e al successivo incile del Naviglio di Paderno, una diga realizzata con lunghe aste di legno di noce che sbarra il fiume dando origine appunto al corso parallelo al fiume Adda che, più a valle, è ricco di tumultuose rapide. Fermarsi è d’obbligo: siamo pronti per entrare nel cuore di un altro straordinario progetto idraulico di Leonardo. Da qui nasce un naviglio che, come una arteria si stacca dall’Adda per restare in quota, mentre il fiume madre scende impetuoso alla nostra sinistra, tra rocce sporgenti che nel medioevo ne impedivano la navigazione e, di conseguenza, il trasporto delle merci da nord alla città di Milano. Le genti del posto avevano trovato lavoro trasportando con carretti le merci dai barconi ad altri barconi che si trovavano una decina di chilometri più a valle. Ed ecco l’intervento di Leonardo che progettò un canale, meglio dire un naviglio a indicarne la navigazione, per consentire il prosieguo dei barconi, attraverso sette chiuse che avrebbero consentito la discesa dei barconi. Un progetto che però resto nel cassetto e che vide la luce solo duecento anni dopo grazie agli austriaci di _______________.
LA LEGGENDA DELL’INGEGNERE CHE SI BUTTÒ DAL PONTE.
Prima però, non può passare inosservato il Ponte San Michele, che gli abitanti di Calusco chiamano il ponte di Calusco, e quelli di Paderno chiamano il ponte di Paderno. A parte la denominazione della struttura, il famoso ponte di ferro all’epoca della sua costruzione, fine ottocento, era de facto il più alto ponte ad arco al mondo. Chi lo realizzò fu un discendente dell’ingegner Eiffel, sì proprio quello di Parigi, che usò per il ponte la stessa tecnica costruttiva della Torre Eiffel: nessuna saldatura, ma chiodi incandescenti ribattuti a caldo. Un capolavoro d’ingegneria. Un paio di foto ci stanno, magari quando passa il treno (sotto) e le automobili (sopra). Ah a proposito: la leggenda che l’ingegnere si sia buttato suicida dal ponte dopo averlo visto barcollante al termine del primo collaudo, è del tutto falsa. È certo che morì nel suo letto per vecchiaia. Si lascia il ponte di Calusco Paderno, detto di San Michele, per pedalare sull’alzaia sfiorando le chiuse leonardesche, fino al luogo in cui la leggenda dice che il paesaggio del fiume qui intorno pare abbia ispirato il Leonardo pittore nell’opera della “Vergine delle Rocce”, e siccome le epopee qua si sprecano, dicono che questi luoghi abbiano fatto da sfondo anche alla Gioconda. Poi ognuno creda quello che vuole.
LA CENTRALE DELLE MERAVIGLIE
Intanto noi, tra un colpo di pedale e l’altro, scendiamo lungo la ciclabile e ci imbattiamo in opere di grande fascino industriale come le centrali elettriche storiche della Edison ancora funzionanti: la Bertini, la Esterle e la Taccani. Delle tre, quelle visitabili grazie alla Pro Loco di Cornate è la prima, la Bertini. Entrando a destra c’è la vecchia casa del guardiano che adesso è una sala interattiva per visite culturali, e lì c’è un plastico che mostra una decina di chilometri lungo il fiume. Un signore dalle apparenze di ex professore delle medie oggi in pensione, spiega i dettagli di tutto l’impianto: una storia che avrà raccontato mille volte, ma per lui c’è la passione della prima volta ed è grazie alle sue parole che capisci quanto noi italiani eravamo e (forse) siamo ancora, capaci di costruire un Paese forte e produttivo. «Alla fine dell’ottocento questa centrale era, per produzione energetica, seconda solo a quella delle Cascate del Niagara» ci dice con orgoglio. Capisci? Mica bruscolini. Lasciamo il plastico per entrare nella centrale vera e propria, tutti con i caschetti per la legge 626, si sa mai che ti cada una condotta in testa. Una vecchia turbina è tagliata a metà per capire come l’hanno costruita e come funzionava. Reperti industriali in un edificio dai lineamenti liberty. È così bello e pulito che sei a disagio e vorresti camminare con le pattine ai piedi.
MARTESANA È MASCHILE.
Dai che si riparte: su in bici e si prosegue fino alla Esterle, che ammiriamo da fuori perché Edison non concede l’accesso ai non autorizzati, però è bene ricordare che il giorno della festa del FAI i cancelli di questo capolavoro si aprono, e io me lo segno in agenda per la prossima edizione. Arrivati a sfiorare la Taccani lasciamo il fiume ed entriamo in Trezzo d’Adda, dove ci portiamo vicino alla sede dell’Ente Parco Adda Nord dove, lì vicino, inizia il naviglio Martesana che costeggiamo per oltre tre chilometri senza incontrare dighe né sbarramenti, e questo mi fa pensare all’organizzazione di una granfondo di nuoto nel
canale, ma questa è un’altra storia. Proseguiamo sulla ciclovia dove dall’altra parte del fiume intravvediamo la centrale di Crespi, che produceva l’energia necessaria per l’omonimo cotonificio e il villaggio operaio, oggi sotto l’egida UNESCO, fino a quando arriviamo a Vaprio d’Adda, dove ci aspetta una sosta alla Casa del Custode dell’Acqua. Figlio delle mie frequentazioni milanesi, chiamo la Martesana come nome proprio femminile, ma mi fanno notare che si dice “il Martesana”, come il naviglio Martesana: ricordate quando dicevamo dei volontari carichi di passione e competenza? Qui l’ennesimo caso a cui andrebbe un applauso che vorremmo fare prima di dirigerci verso Groppello d’Adda, penultimo paese prima di giungere alla meta di Cassano d’Adda.
ORMAI CI SIAMO
Ci fermiamo per una foto alla grande ruota di legno a fianco del canale, che anticipa di pochi metri il lavatoio. Quando vedo un lavatoio non posso restare indifferente, e tornano alla mente quello che si ergeva fuori casa mia, e che una scellerata amministrazione pubblica ha distrutto per fare spazio al parcheggio di automobili. Sono ricordi in bianco e nero di quando le donne scendevano al fiume, o in questo caso al Martesana, a lavare i panni delle famiglie nobili. Come quella dei Melzi che ospitò Leonardo da Vinci per quasi vent’anni. Attraversiamo l’abitato per giungere nella piazza di Cassano d’Adda con lo splendido Castello Visconteo ristrutturato agli inizi degli anni 2000 e che ora ospita un albergo di lusso, un ristorante per cerimonie e una splendida location per convegni e meeting. Alla fine il Garmin al mio polso segna 45 chilometri, una bella distanza che si può percorre tranquillamente in una giornata, senza dover essere particolarmente allenati, ma con la sola voglia di pedalare, pensando che in fondo, anche la bicicletta fu un’intuizione di Leonardo. Che genio!
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