WILD E-SIDE: QUELLA VOLTA CHE…
Pedalo in salita spinto da un motore, ho lasciato a casa l’orgoglio della performance ma in compenso ho riempito lo zainetto della sola voglia di smanettare un po’. Che poi in salita mica è tutto regalato, perché le gambe le devi pur far andare, senza esagerare con il “turbo” né: oggi serve strategia e parsimonia nell’uso dell’energia, altrimenti rischi di restare senza batteria, proprio come nella vita.
Ci vuole tecnica, culo indietro e sguardo oltre l’ostacolo: lo vanno ripetendo le nostre guide di mtb, due ragazzotti trentini che rispondono al nome di Marco e Giandomenico. Quando arrivi in fondo alla discesa ti accorgi che hai il fiatone: i sassi rotolano a valle, i biker (o i presunti tali come noi) quelli no, quelli pennellano le curve con qualche rischio calcolato e la voglia di urlare. Dicono abbia anche un nome: adrenalina. Insomma, il parco giochi dei bambini mai cresciuti l’hanno aperto qui a Madonna di Campiglio, e io mi ci sono buttato anima e corpo.
La mattina si sbarca al lago di Valagola, una enorme goccia verdeblu caduta in mezzo alle Dolomiti di Brenta, e come se non bastasse questa visione, le guide ci portano alla cascata Vallesinella. Basta, troppa emozione outdoor. Si riparte che ci mancano ancora qualche metro di dislivello da conquistare.
La prima giornata di Wild e-Side si chiude al rifugio Boch, ai piedi del Grosté. Nella piana, lì a destra, ci sono una cinquantine di tende, una per ogni partecipante; a sinistra versano fiumi di Ferrari, e ci fanno compagnia due olive ascolane. Mentre le bici vengono prese in custodia dai tecnici Bosch per la ricarica del giorno dopo, la gente si avvia a tornare presentabile in direzione bagni con infradito, asciugamano e beauty sotto il braccio. Lindi e puliti, alle sette iniziano due cose: l’enrosadira del tramonto e il concerto dei The Spell of Ducks, che dire bravi è dire poco.
C’è anche il mio fratellone, certe cose è meglio viverle insieme, così se succede qualcosa, almeno uno dei due porta a casa l’altro.
La cena è bagnata da un teroldego che si riproporrà in tutta la sua fragranza floreale nelle prime pedalate del mattino successivo: «Tranquillo, è tutta discesa» dicono le nostre due guide. Tranquillo un corno, come se la discesa fosse una passeggiata. Ma che figata, però, andar giù a manetta e impennare con la ruota davanti, come quando eravamo bambini nei prati dietro casa, se non fosse che oggi abbiamo 50 anni in più. Fanculo all’anagrafe.
Quando arriviamo al secondo campo base è mezzogiorno avanzato, c’è profumo di polenta, di quelle di alta montagna, con una capacità calorica da far rabbrividire un dietologo. Per me doppia razione. È domenica e si sente nell’aria. Disteso nell’erba, guardo il cielo e le nuvole che si rincorrono. Non è che la notte in tenda sia stata la migliore della mia vita, con gli amici brianzoli dal respiro, diciamo un po’ affannato, di quelli rauchi, che ricordano le segherie canadesi. Così chiudo gli occhi. Click, e spengo l’abatjour. Adesso è lunedì, e penso già alla prossima edizione.
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