UNA10K A DUBLINO, SICCOME ERO IN ZONA…
L’Irlanda è uno di quei posti in Europa che va visitato almeno una volta nella vita. Se non ci siete mai stati, vi suggerisco di metterla nella wishlist turistica del vostro futuro.
Perché? Perché l’Irlanda è verde, ha i prati verdi di un verde speciale. L’erba irlandese è più erba che altrove. È fitta, intensa, e tanta. Cresce ovunque, persino sui tetti delle case (anche se quello è muschio).
E poi in Irlanda ci sono gli irlandesi. Che è la seconda ragione per visitare quest’isola: gente che sorride, cordiale, cortese. Gente che sorride quando ti incontra passeggiando nei parchi (dove l’erba è la vera regina). Gli irlandesi sono ospitali, tanto che pare siano stati loro a inventare la formula del B&B: ti ospito per una notte, e tu in cambio mi dai qualcosa. Figata. Poi sulla faccenda dei Bed and breakfast si son fatti prendere dalla mano.
Sull’ospitalità di questi uomini e donne dai capelli rossi ognuno di noi potrebbe raccontare qualcosa. Io, per esempio, ho scoperto che, la sera prima del mio rientro in Italia, si teneva la Dublin Night Run, una corsa a Park West, zona d’uffici della capitale, e siccome non vado mai in vacanza senza scarpe da corsa, ho mandato una mail per avere informazioni sulla partecipazione, tipo “Heila, sono Carlo. Siccome sono qui in zona, mi chiedevo per avere un pettorale …”.
Per tutta risposta, l’organizzatore Tommy O’Brien (con un nome più irlandese di così…) non ha voluto sapere storia e mi ha iscritto alla 10k così d’ufficio.
Bene, penso, un’occasione per metter fieno in cascina in vista della maratona a New York a novembre. Il ritrovo è alle 7 di sera di un martedì di fine luglio in un aera dai grandi parcheggi che servono palazzi fatti di uffici e gente dai colletti bianchi. Lì a fianco scorre un canale affluente del Liffey, il fiume che taglia in due la città e che si getta nell’oceano.
Mentre ritiro il pettorale, mi aggiro nella piazza disegnata un po’ in stile Gae Aulenti, quando ormai negli uffici ci sono solo le donne delle pulizie, perlopiù col velo arabo.
Dall’elenco dei partenti stimo un mezzo migliaio di iscritti: qualche atleta di livello lo becco al volo dalla magrezza delle braccia e dalle scarpe con piastra in carbonio. Gli altri, tutti tapascioni come chi scrive, un po’ sovrappeso, ma più spesso interessati, se uomini, alla musica negli auricolari mentre fanno stretching. Le donne, loro no, loro parlano, chiacchierano, si raccontano il mondo avvolte nei loro pantaloncini in Lycra e magliette smanicate.
A venti minuti dalla partenza, inizia la transumanza verso la partenza. Lo speaker ripete incessantemente di usare le toilette appositamente allestite, evitando di vedere quella triste scena di uomini che urinano in piedi davanti gli alberi dei viali del centro direzionale, con il disappunto e l’invidia (diciamolo) delle runner che invece sono diligentemente in coda davanti ai cessi parallelepipedi formi.
E puntuali, come solo gli irlandesi, alle 7.20 si parte e le chiacchiere lasciano il posto al respiro affannato e alle suole che toccano il terreno. Due giri da 5 chilometri fanno una 10K. Non piove, e questa è già una notizia per una corsa a piedi in un paese in cui la pioggia è una costante della quotidianità: su web ho trovato che in Irlanda si superano i 2.000 millimetri di acqua all’anno, il che spiega il verde delle colline. Corro, corro per modo dire. Deambulo come ormai mi trovo a fare, consolandomi che non sono l’unico in mezzo al gruppo. La Mire è a bordo strada con il cellulare che cerca di riprendermi: la sento gridare “dai Brena”. Mi chiama per cognome in due occasioni: quando sono in qualche gara e quando vuole litigare. Praticamente usa Brena solo per farmi il tifo.
La parte bella della gara è (oltre al traguardo e la fine del supplizio) la corsa sull’argine del canale e i volontari che battono le mani: vabbhè, direte voi, quello lo fanno anche gli italiani alle non-competitive della domenica. Si è vero, ma gli irlandesi le battono meglio.
All’arrivo una medaglia al collo e fiumi di RedBull. Speravo in una Guiness. Qualcuno si abbraccia, sento un “you did it” e qualche cinque alto. Le scene di sempre, le scene di tutte le gare. Tutte uguali, ma chissà perché ognuna speciale. Come questa, la Dublin Night Run.
Se vi capita di venire in Irlanda a vedere i campi verdi, e prima o poi succederà, non dimenticate di portare le scarpe da corsa.
Thanks my friends of Bear Races
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