VALTELLINA WINE TRAIL: DA BERE TUTTA D’UN SORSO
Il mio racconto dal ventre del gruppo alla competizione giunta alla 9° edizione, e, con i suoi 3.000 iscritti, consacrata come una delle manifestazioni più attraenti del panorama trail running. La vicenda agonistica (e anche alimentare) di uno dei tanti al traguardo, ma uno dei pochi senza crampi.
Adoro le gare il sabato mattina. Hanno il sapore della doppia festa: quella della competizione a cui si aggiunge quella del “day after”. Sì perché il giorno dopo è domenica, la giornata del riposo, della sveglia tarda, del dormire quella oretta in più senza i sensi di colpa dello sportivo amatoriale che deve uscire a macinare fatica. Ecco perché da tempo avevo nel mirino la Valtellina Wine Trail, la triplice di 10, 21 e 42 chilometri disegnata tra le vigne di Sondrio, organizzata, in questa 9° edizione, nella giornata di sabato 12 novembre.
Tuttavia, la mia gara è iniziata due settimane prima, quando, deciso a iscrivermi a questa prova di trail, confido le mie intenzioni a Giorgio e lui, per tutta risposta mi dice: «Tranquillo, tu allenati mentre per l’alimentazione ci pensiamo noi». Quando dice noi, Giorgio intende “noi di Dinamo”, il nuovo brand nel campo della supplementazione sportiva capace di una ventata innovativa e soprattutto naturale. Ma questo lo vedremo più tardi. Due giorni dopo ricevo una dotazione completa di integratori per la fase di avvicinamento alla gara, comprensiva di un “set” di gel da assumere ogni mezz’ora quando indosserò il pettorale e poi anche soluzioni per il detossinamento (si dice così?) per il dopo competizione. Insomma, i miei timori per i consueti crampi alla coscia e ai polpacci, maledetti attacchi che mi colpiscono spesso dopo un paio di ore di intensa attività, dovrebbero aver trovato scioglimento.
L’ultima settimana è proprio quella ideale per prepararsi a una gara: due giorni a Londra per un convegno (con corsetta la mattina a Tower Bridge), rientrato mi aspettava un evento giornalistico, un paio di giorni in fiera a EICMA e per non farsi mancare nulla, anche un meeting aziendale a Lecco. Allenamenti? Zero, zero uscite. Vabbhè, gli ultimi giorni continuo ad assumere il GLA, la proposta vegetale di Dinamo per assumere l’intera famiglia di Omega 3, 5, 6 e 9 ottenuti da olii di borragine, di melograno, di ribes nero e di canapa: niente salmone, quindi, la cui provenienza, come spesso dice Luca Spada (che di Dinamo è il fondatore) è spesso dubbia.
Con una manciata di chilometri nelle gambe, mi presento al via della Valtellina Wine Trail, emozionato per trovarmi in un gara off-road dopo oltre 6 anni dall’ultima gara di corsa su sterrato (…così almeno dice Strava). Delle tre distanze, scelgo il compromesso della mezza maratona che, a dire il vero, si rivelerà di oltre 22 chilometri, ma si sa che lontano dall’asfalto le misure sono flessibili. Ciò che conta è il dislivello di 900 metri. Pronti via. Temperatura freddina, dai prati sale umidità. Siamo oltre 1.200 in gara, mica pochi, e l’idea di partire nelle retrovie si rivelerà non proprio felice quando l’imbuto ci mette tutti quanti in fila indiana sui primi sentieri disegnati tra le vigne. Siamo nella terra dell’Inferno, una delle cinque aree dei Vini di Valtellina, e dopo il primo chilometro capisco l’origine del nome: rampe verticali tra i vigneti di Nebbiolo, e tagli orizzontali paralleli ai filari. Le piante sono ovviamente spoglie di grappoli, ma questo non toglie il fascino della corsa in una dimensione agricolo-autunnale davvero suggestiva.
Il tracciato alterna la corsa tra le vigne, passaggi nelle cantine e transiti nei paesi sul versante nord della valle: per i primi classificati è certamente una gara, e un podio qui vale una intera stagione, ma per quelli dietro come chi scrive è un viaggio che accarezza la terra Tellina con oltre 2.500 chilometri di terrazzamenti (la muraglia cinese è di poco più di 21mila…). Intanto la mia corsa procede tra salite sempre più impegnative e discese dove le mie vecchie ginocchia (ormai prive di cartilagine) mostrano i segni degli anni: corro quando vado in su, cammino quando vado in giù. È un supplizio. In vista dei generosi ristori, estraggo dalle tasche dei miei pantaloncini i gel Dinamo come fossero in una cartuccera: il mio preferito è quello al miele salato. Strepitoso. Digeribile. Efficace.
Più si avvicina l’arrivo, più supero persone ferme a bordo sentiero a stirarsi gambe, a volte aiutati da amici o volontari che afferrano un piede e lo trattano come se dovessero spingere un camion Iveco ingolfato, con l’espressione sofferta del proprietario del piede stesso. Io incrocio le dita ma a metà gara non c’è segno di crampi, mentre la temperatura si alza e inizia a fare veramente caldo.
Questa parte di tracciato ci proietta in un bosco di castagni, anticamera della seconda zona di produzione del vino: entriamo nel Grumello. La differenza tra i due territori la avvertirò solo alla sera quando a cena berrò i due vini scelti per accompagnare un piatto di pizzoccheri e uno stinco di maiale, entrambi da incorniciare. Corriamo e sfioriamo il castello di Grumello, piccolo capolavoro medioevale, nel mentre il nostro sguardo cade lì in basso verso Sondrio dove ci aspetta il traguardo. Le gambe sono dure come il marmo, lo stesso con cui Marco De Gasperi, 6 volte campione mondiale di corsa in montagna e ora nei panni di organizzatore, ha scelto di premiare ognuno dei 3.000 partecipanti alla Valtellina Wine Trail.
L’arrivo trionfale in piazza Garibaldi è cadenzato da una coppia di speaker capaci di far sorridere atleti e spettatori, ma non di alleviare il dolore alle gambe: io guardo le mie, le ringrazio per avermi portato fin qui senza pit stop a sciogliere crampi, e solo questo vale un grazie. «Buona domenica per domani…»: già, oggi è sabato.
Photocredit: Fotoravenna © ENDUPix
Commenti recenti